L'ottenne entra a testa alta dopo le belle notizie che ci siamo scambiate io e la madre raccontate nel post precedente. Mi guarda negli occhi, si siede e si prepara per il nostro solito lavoro. Accendo il pc, carico Bachi Spaziali. Lo sai perchè mi sono comportato male, dice d'improvviso. Non dico niente e lo guardo. Quella gente, riprende. Le dottoresse, correggo. Sì, insomma le dottoresse mi trattavano come uno scemo e io mi sono comportato di conseguenza. Bella mossa, dico staccando gli occhi da lui verso il monitor. Papà dice che rispettare se stessi significa avere una dignità, me lo dice sempre, fa in un soffio mettendo la testa bassa. Lo guardo al di sopra del monitor. Non alza la testa e mormora.
"Io ho una dignità"
Archivi categoria: resistenza
Ti metto Zero
Nuova bimba; nuova letterina nera sulle gioie scolastiche. Leggo di seguito. "odio le verifiche, le addizioni, le sottrazioni, i problemi, la matematica e soprattutto la maestra che non fa altro che urlarmi addosso." Le chiedo curiosa cosa le urlerà di tanto fastidioso; forse urlerà alla classe. Lei dondola la testa e con un dito puntato fa il verso.
"Ti metto Zero!"
Il silenzio
Cari tutti, sono un pò scarica dal momento che sto facendo un pò di cose e tutte insieme. Con la scuola media di procida, gli undicenni dell’anno passato, stiamo scrivendo un romanzone collettivo a ben 90 mani. Gli scrittori effettivi saranno 60, il resto si occuperanno della grafica, delle didascalie e 10 sono gli story editor. Insomma, un maxi progetto ambiziosissimo dove le insegnanti di italiano saranno le editor. Abbiamo raccolto le idee, pianificato, e a gennaio scriveremo. Il tema è ambientale e, quando finirà, chi è curioso lo potrà leggere.
Il lavoro a Roma va un pò a rilento: a novembre sono andata sull’isola molte volte e non ho avuto il tempo manco di respirare. In questo momento ritorno da un convegno sulla disprassia e ho comprato un libro di teoria per capirci meglio qualcosa.
Ci sono molte cose in ballo e mi sento come quei giocolieri che devono tenere in equilibrio i piatti su diverse aste appoggiate al corpo.
Appena avrò la mente più libera continuerò a raccontarvi dei miei meravigliosi pazienti. Vi abbraccio tutti,
Roberta
La crisi economica e i bambini poco gravi.
Io e Ale a Trastevere. Passeggiamo la sera e lei mi racconta della sua giornata. Oggi è venuto un padre, fa, che ha due figli bisognosi di terapia e la spesa è enorme. Ho cercato di fare un’attenzione, continua, ma tra fisco e spese più di tanto non posso fare. Il padre ha guardato la mia collega scoraggiato e ha domandato se potesse fare la pratica per la centoquattro. I suoi bimbi non sono tanto gravi, ha risposto lei, ma hanno bisogno di una mano. Il genitore le ha spiegato una serie di cose, di spese, di quanto sia difficile arrivare a fine mese. Con dolore, ha concluso che sarebbe stato meglio se fossero stati gravi: almeno lo Stato l’avrebbe aiutato.
Con la centoquattro.
nota: In troppi non sanno che con la sanità allo sfascio e le liste d’attesa chilometriche, anche la centoquattro può risultare inutile per alcuni aspetti. Quando decideranno, al governo, di dedicarsi al sociale in maniera seria, invece che a altro? D’accordo, l’Alitalia si deve salvare e la scuola italiana, la sanità? Se qualche ministro si facesse una girata in questi ambienti e si sporcasse un poco le mani con le condizioni in cui versano, si renderebbero conto che stanno anche peggio dell’Alitalia.
La testa a posto.
Dividerò la stanza con una psicologa, dico alle amiche del luogo dove sono nata, cresciuta e pasciuta fino a ieri. Normale, fanno loro. Perchè, domando curiosa. Hai lasciato un lavoro stabile, una casa stabile, un fidanzato stabile – due anni fa- una vita stabile per andartene a ricostruire da zero la vita a Roma. Detta così mi sembra una gran bella cosa, dico guascona. Loro mi guardano con disapprovazione. Il fatto che abbia le mie brave remore e paure, ma è bene provare e provarsi, è qualcosa che non riuscirei a spiegare loro. Ho tentato, in passato, ma ho avuto solo occhiatacce. Pace, mi dico, pace. Una di loro riprende la parola. E’ un bene che dividi la stanza con una psicologa:
magari riesci a mettere la testa a posto.
una prigione per l’Italia?
Il mio paziente ottenne oggi ha da farmi vedere una cosa. Me l’ha dato mia nonna, fa. Esce un grado militare dalla tasca. Io a nonno non l’ho mai conosciuto, fa lui, ma io porto il suo nome. Nonna ha detto che forse sono abbastanza grande per capire e mi ha raccontato che il nonno è andato in guerra a combattere per l’Italia libera e questo stava sulla sua divisa da militare. Ti vedo contento, dico. Lui sorride e rimette il grado nella tasca del giubbino. C’è una cosa che non ho capito ma non l’ho chiesto a nonna perchè lei si è messa a raccontarmi un mucchio di fatti successi in guerra ma non ci ho capito granchè. Continuava solo a dirmi che l’Italia aveva bisogno di essere liberata. Ma come è possibile?
Si può mettere in prigione un paese?